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giovedì 17 marzo 2016

Lilloni: centralità e marginalità dei suoi luoghi

Tralasciando l'attività creativa dei primi anni quando, reduce dal fronte e carico di quei valori estetici appresi in accademia indissolubilmente legati all'arte di fine ottocento, pregni degli ideali della scapigliatura, entra nel novero di Novecento e concentrandoci sul periodo che maggiormente ne ha identificato l'arte, cioè quello del Chiarismo lombardo, non possiamo ignorare l'importanza del luogo in cui Lilloni dipinge. Ed è la centralità del luogo che, in quanto strumento, in apparenza dovrebbe essere evidenziata. Infatti, parlando di un pittore  en plein air, i luoghi da cui le opere prendono spunto assumono un significato particolare anche se, in questo caso, potenzialmente marginale. Ed è proprio la marginalità del luogo rispetto all'opera che si vorrebbe qui evidenziare, in quanto l'arte di Lilloni non è certamente un arte mimetica. L'opera non è semplice rappresentazione cronistica e banalmente descrittiva, ma subisce quella metamorfosi poetica che l'artista attinge dal proprio repertorio di cose e di colori depositato nel suo io più intimo, depurate dal tempo e dall'esperienza e trasformate in altro. Appare chiaro così che la natura dipinta è una proiezione interiore e che il paesaggio sia il luogo specifico che aiuta a far emergere quella interiorità che altrimenti rimarrebbe inespressa. Una sorta di catalizzatore emozionale che l'artista trova solo entrando in una condizione di solitudine completa, in stretto contatto con la natura, senza altro fardello se non tela, colori ed occhi.


Per Lilloni il paesaggio diventa auto riferimento linguistico: una rappresentazione soggettiva, lirica, legata all'emozione dello stato d'animo. Potremmo arrivare a dire che il paesaggio, e quindi il luogo, è un semplice pretesto, un elemento compositivo come per altri potrebbero esserlo il cerchio ed il quadrato. 
Ma se il paesaggio è il pretesto, il luogo è comunque necessario e centrale. Il luogo, che è altro da se, divenuto proiezione del proprio io, viene trasposto come idea su tela.
Uno specchio in cui riflettersi; una idealizzazione con cui confortarsi.
Ad avvalorare questa ipotesi troviamo, nell'evolversi del pensiero artistico e nell'affinamento della ricerca in età matura, tronchi con cortecce violacee, foglie blu, algidi colori che costruiscono una realtà emozionale che prescinde dal fenomeno ottico e si arrocca in quello inconscio.
Addirittura, cercando di farsi capire meglio, Lilloni arriva a dipingere opere con delle forme assimilabili a delle astrazioni. Non che queste opere siano il punto d'arrivo, l'obiettivo ultimo da raggiungere. Al contrario. Sono però fondamentali per la piena comprensione del modus operandi; ovvero del processo creativo che, in altre parole, è l'estetica dell'opera artistica. Lilloni rimarrà fedele alle proprie fonti d'ispirazione e al modo di trovarle dentro di se attraverso il "fuori" da se. I luoghi che periodicamente visitava e dipingeva sono la centralità e nel contempo la marginalità del suo fare artistico.






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